Rieccoci, anzi rieccomi.
Dove eravamo rimasti?
Non lo so. La novità più importante in questo mio periodo di silenzio è stata l'infarto.
Già, all'inizio di settembre ho sentito quel dolore, che non passava. E quella giovane dottoressa del PPS ha fatto il test specifico e ha diagnosticato giusto.
Solo una mezz'oretta di attesa dell'ambulanza, altri 40 minuri di viaggio col "sismografo" attaccato, l'arrivo con la sirena al Pronto Soccorso del Grande Ospedale, l'ingresso quasi immediato nella Sala Operatoria che mi stava aspettando.
La procedura, tutta da sveglio. A parte il fastidio per l'anestesia locale al polso, poi la cannula infilata fino all'aorta, l'attrezzo infernale per la mappatura delle cotonarie. Due stent installati. Infine il ricovero.
UTIC. Terapia Intensiva Coronarica. Dopo due o tre giorni ero già in piedi. Il decorso è andato bene, tanto che sono qui a scriverne. A distanza di quasi sei mesi, dodici specialità medicinali mi fanno compagnia durante il giorno, con sette appuntamenti quotidiani, dalle 7 di mattina alle 22. C'è di peggio. Posso fare una vita quasi normale. Esco, cerco di camminare molto, tempo permettendo. Cerco di non arrabiarmi, umani permettendo. Conosco a memoria tutti i farmacisti, e devo dire che le farmaciste sono più simpatiche. Faccio il buffone più di prima, mi tolgo molti sassolini dalle scarpe. Roba così.
Venerdì altre analisi. Poi altre visite, Tutto sotto controllo. Almeno spero.