lunedì 21 dicembre 2015

Aneddoto bancario

Molti ma molti anni fa, dopo aver superato un regolare concorso, fui assunto in una Grande Banca di Torino (non il Sanpaolo, quell'altra). Con me furono assunti anche una ventina di presunti informatici, con la qualifica di analisti-programmatori. 

Come d'uso in questi casi, il Grande Capo ci riunì e ci fece un discorsetto. Fra le altre cose, ricordo che disse che il nostro lavoro consisteva nel "maneggiare i Soldi degli Altri" (le maiuscole non sono casuali). Essendo a Torino, "gli Altri" erano soprattutto una nota Fabbrica di Auto, nonché un nugolo di piccoli risparmiatori. Si notava in tutto il discorso un senso di rispetto reverenziale, una specie di adorazione per quei Soldi e anche per gli Altri. Ci fece capire che da noi si aspettava la massima onestà e devozione per quei Soldi. Altrimenti era meglio che cambiassimo lavoro. Non saremmo stati perdonati. In cambio ci offrì uno stipendio sopra la media, piccole agevolazioni e un piano di training di tutto rispetto. 

Qualche tempo dopo fui coinvolto nel progetto della gestione della Tesoreria della Regione e subito dopo della Tesoreria Titoli. Queste cose mi sono tornate alla mente leggendo le vicende delle azioni bancarie di cui parla la cronaca in questi giorni. Per noi il deposito Titoli era una specie di Sacra Cassaforte in cui si custodivano i Valori degli Altri. La delicata operazione del Taglio delle Cedole, a scadenza, era eseguita da personale esperto, a scanso di errori che avrebbero potuto danneggiare i clienti. Le procedure informatiche seguivano meticolosamente queste operazioni. 

Tutte cose che si fanno anche oggi, naturalmente, e che si facevano (e forse si continuano a fare) anche in quelle quattro povere Banche di cui tanto si parla. Anche oggi che i Titoli si sono smaterializzati, e che certe operazioni "alla Wall Street" (i "future", i "bond", i "derivati") sono state messe alla portata del pubblico minuto, di quei clienti della Banca che poco e niente sanno del "mare" della Finanza, delle sue regole e dei "pesci" che ci nuotano. 

Quello che è cambiato radicalmente, specie per le Banche di dimensioni limitate, è il rapporto con la clientela. Una volta c'erano i contadini o gli allevatori che mettevano al sicuro il surplus di una stagione buona, in vista di tempi peggiori, che puntualmente sarebbero arrivati. 

Ora al cliente di Banca bisogna vendere "prodotti" sempre più eterei nella definizione e intrinsecamente ambigui. Non ci sono più i Soldi degli Altri da custodire. Ci sono contratti che nel dare-avere non offrono niente di sicuro. Le responsabilità si spostano sul cliente. Non c'è quasi più la "raccolta" in qualche modo garantita, sembrano startup che potrebbero fallire da un momento all'altro. E a volte falliscono. Senza rispondere a responsabilità che formalmente non si sono mai assunte.

sabato 31 ottobre 2015

Sua Altezza

Parliamo di geometria euclidea, quella che si studia a scuola. In particolare, parliamo di triangoli, ancora più in particolare di triangoli rettangoli.

Dalla scuola, ricordiamo che, dette a, b e c le lunghezze dei tre lati di un triangolo rettangolo, se a < b < c vale: a2 + b2 = c2.

Non tutti i triangoli rettangoli hanno lati di lunghezza intera, ma alcuni sì. Chiameremo questi "triangoli (rettangoli) pitagorici".

Esempi, i triangoli i cui lati hanno lunghezze:

  • 3, 4, 5
  • 5, 12, 13
  • 7, 24, 25
  • 11, 60, 61

e tanti altri.

Consideriamo adesso le tre altezze di un triangolo rettangolo. Banalmente, l'altezza relativa a un cateto è l'altro cateto, quindi in un triangolo pitagorico queste due altezze sono numeri interi. E l'altezza relativa all'ipotenusa? Innanzi tutto, vediamo come calcolarla. Poiché sappiamo (sempre dai ricordi scolastici) che l'area di un triangolo è data da: "base per altezza diviso due", nel caso di triangoli rettangoli è piuttosto semplice calcolarne l'area. Basta moltiplicare fra loro le misure dei due cateti e dividere per due. Osserviamo che, prendendo come base l'ipotenusa (cioè "sdraiando il nostro triangolo sulla pancia"), anche l'ipotenusa (c) motiplicata per l'altezza relativa (che chiameremo h) diviso due deve dare lo stesso risultato (quello che si ottiene moltiplicando i due cateti e dividendo il prodotto per due). Quindi scriviamo:

(a * b) / 2 = (c * h) / 2
Questo ci consente, se conosciamo a, b e c, di ricavare h:

h = (a * b) / c
Riprendendo gli esempi sopra riportati, vediamo che in nessuno di quei casi h è un numero intero, anche se a, b e c sono interi.
  • 3, 4, 5         h = 3 * 4 / 5 = 2,4
  • 5, 12, 13     h = 5 * 12 / 13 = 4,615384615...
  • 7, 24, 25     h = 7 * 24 / 25 = 6,72
  • 11, 60, 61   h = 11 * 60 / 61 = 10,819672131...
Allora ci chiediamo: esistono triangoli rettangoli pitagorici (ossia in cui le lunghezze dei tre lati a, b, c sono numeri interi) in cui anche l'altezza rispetto all'ipotenusa (h) sia un numero intero?

Osserviamo innanzi tutto che, dato un triangolo rettangolo coi lati aventi misure a, b, c, è possibile trovare un altro triangolo rettangolo moltiplicando per uno stesso numero (k) le lunghezze dei tre lati (la semplice dimostrazione è lasciata al lettore). 

Osserviamo infine che, applicando la formuletta per trovare l'altezza relativa all'ipotenusa (chiamiamola h') del nuovo triangolo si ha:
h' = (a' * b') / c' = (k*a) * (k*b) / (k*c) = (k * a * b) / c

Se scegliamo k = c otteniamo:
h' = (c * a * b) / c = a * b
che, essendo il prodotto di due numeri interi è intero.

Abbiamo così dimostrato che esistono (infiniti) triangoli rettangoli pitagorici che hanno tutte e tre le lunghezze delle altezze (rispetto ai tre lati) espresse da numeri interi. Abbiamo inoltre mostrato come costruire tali triangoli, a partire da un qualsiasi triangolo rettangolo pitagorico.

Riprendiamo gli esempi e facciamo il "gioco" appena descritto.
  • 3, 4, 5 moltiplichiamo per 5 e otteniamo il nuovo triangolo rettangolo: 15, 20, 25. La sua altezza rispetto all'ipotenusa è: 
    • h' = 15 * 20 / 25 = 12
  • 5, 12, 13 moltiplichiamo per 13 e otteniamo il nuovo triangolo rettangolo: 65, 156, 169. La sua altezza rispetto all'ipotenusa è: 
    • h' = 65 * 156 / 169 = 60
  • 7, 24, 25 moltiplichiamo per 25 e otteniamo il nuovo triangolo rettangolo: 175, 600, 625La sua altezza rispetto all'ipotenusa è: 
    • h' = 175 * 600 / 625 = 168
  • 11, 60, 61 moltiplichiamo per 61 e otteniamo il nuovo triangolo rettangolo: 671, 3660, 3721La sua altezza rispetto all'ipotenusa è: 
    • h' = 671 * 3660 / 3721 = 660.

Se vi gira la testa, nella prossima versione metto i disegnini.

venerdì 16 ottobre 2015

L'Uomo In(di)visibile

Un po' li invidio, quelli che nella loro vita intera riescono a passare inosservati. Quando ero piccolo, pensavo che sarebbe stato il mio obiettivo: uomo trasparente, di cui nessuno si accorge. Un puntino grigio piccolo piccolo in mezzo a milioni di altri puntini uguali: sarebbe stato per me un enorme successo, il massimo che avrei potuto desiderare dalla vita.
Poi invece imboccai l'altra strada, quella che porta al fallimento. Brillare per qualche attimo, amare ed essere amato come pochi altri al mondo. Esagerare. Non restare mai fermo in un posto. E alla fine piombare nella più completa oscurità.

venerdì 11 settembre 2015

Precarietà

Ci sono molti modi di essere precari, o di sentirsi tali.

Pur nella "sicurezza" offerta dal sapere che sarò disoccupato almeno per i prossimi sei anni, spesso mi sento precario. Precario nei rapporti con gli altri, che non sanno veramente com'è essere disoccupato dopo i 60 anni, precario nella stabilità dell'umore, che altalena fra "sono vivo, in discreta salute, mangio tutti i giorni, dormo al coperto e ci scappa pure un caffè" e l'altro polo "non mi sento molto bene, chissà quanto camperò ancora, finirà da un momento all'altro questo precario equilibrio, non ho più l'età nemmeno per fare il barbone".

Non sono cose dette tanto per dire. Per me sono cose reali e concrete, di tutti i giorni. E viverle tutti i giorni è sfiancante, soprattutto psicologicamente, ma non solo.

Si aggiunge anche il disprezzo di chi non riesce o non vuole programmare piccole attività che, pur nella mia precarietà, mi sono dichiarato disposto a portare avanti.

Chiedimi se sono felice? No, chiedimi se sono instabile, degradato, incazzato per un destino da precario, senza risorse per uscirne fuori.

giovedì 3 settembre 2015

Scrivere

Scrivere non serve a niente. Scrivere cose inutili ancora peggio.

Molto meglio tacere, deporre la penna e la tastiera, continuare a parlare con sé stessi.

Come se i pazzi fossero di qua e non di là.

giovedì 9 aprile 2015

Addio a FriendFeed

Lo scrivo qui sul mio blog, e ne ho motivo. Dal 2009 circa ero iscritto ad un Social Network, uno di quei servizi online che permettono di scambiare informazioni (di varia rilevanza, molto spesso infima) con alcune cerchie di "amici". Nella maggior parte dei casi si tratta di conoscenze esclusivamente online (perciò ho messo le virgolette). Avete presente FaceBook? Ecco, questo SN era per certi versi simile, per altri molto differente. Si chiamava FriendFeed(.com): se fate veloci potete ancora trovarlo in piedi, agonizzante.

Ero entrato più che altro per noia e inizialmente per curiosità: ne avevo sentito parlare su qualche rubrica online di qualche "guru" di queste cose, che lo definiva SN "di nicchia". E da bravo Gattopardo, le cose "di nicchia" mi sono sempre piaciute. Ma il motivo principale della mia adesione e frequenza era il tempo. Poiché il lavoro stava andando a rotoli, avevo molto tempo a disposizione, pur essendo formalmente tenuto a rimanere in ufficio, con un PC connesso a Internet davanti.

La mia storia su FriendFeed si snoda quindi parallelamente a situazioni molto brutte dal punto di vista lavorativo (accantonamento, poi cassa integrazione, infine licenziamento). Anche per questo non rimpiango quel periodo e quell'ambiente, che mi ricorda per sincronismo molti momenti tristi della mia vita.

In quel SN ero una specie di pesce fuor d'acqua: non sono il tipo a cui piacciono i pettegolezzi (nemmeno su gente "sconosciuta" in Internet), né gli atteggiamenti da combriccola ("tu non sei dei nostri"). Inoltre ho avuto la sfortuna di incrociare elementi che facevano dell'insulto gratuito la ragione della loro esistenza e della loro popolarità "social" in quell'ambiente.

Ho resistito, anche perché ho incrociato persone con cui era sereno e divertente scambiare quattro parole in quelle mie lunghe ore piene d'angoscia, persone e non soltanto "nickname". Ma nonostante tutto non ho mai pensato che la mia vita fosse lì dentro, né che con quelle persone si potesse instaurare qualche rapporto meno effimero di quel che era. Ho fatto un paio di tentativi per trasformare in amicizia la conoscenza online (tutto sommato, mi era riuscito non molti anni prima), ma qualcosa non ha funzionato. "La realtà ha sempre ragione" e anche questa volta mi sono rassegnato a veder fallire i miei tentativi.

Bilancio complessivo di quasi sei anni: ho capito il meccanismo che governa i SN. Non mi interessa aver a che fare con le persone tramite quel mezzo, anche se non giudico e non biasimo chi lo fa con spirito  aperto e sereno. I SN sono una specie di "Bar" in cui s'incontra più gente "malfamata" che "per bene", e poiché certe "compagnie" non mi sono gradite, meglio evitare. Trovare amici (veri) incontrandoli per caso è talmente raro e miracoloso che il gioco non vale la candela.

Perciò addio FriendFeed, portati dietro tutte le tristezze di questi anni e non farti rivedere mai più.

venerdì 23 gennaio 2015

Parabola

Dio (chiamiamolo così per brevità) un pomeriggio ebbe voglia di fumare la pipa. Seduto in poltrona, prese il tabacco, caricò la sua pipa, prese un fiammifero e FFUMM! lo accese. Dentro la fiamma di quel fiammifero c'è tutto l'Universo. Figurati se lui si accorge che noi esistiamo!

Oltre tutto, quando avrà finito di accendere la pipa, soffierà sulla fiamma del fiammifero e addio Universo e tutto quanto.