Le abbiamo "inventate" noi, le camicie colorate: a righe, a fiori, a scacchi, purché colorate, diverse da quelle bianche, col colletto rigido, inamidato, che distinguevano allora gli impiegati e quelli che oggi chiameremmo i "manager". Immancabile la cravatta scura, al massimo in stile "regimental", per i più "sportivi". Noi no, non la portavamo la cravatta. Bottone del collo slacciato, a volte due.
Fu scandalo quando le ragazze, trascinate dalla nuova moda della minigonna, arrivavano a scuola con le gambe scoperte, molto più scoperte di come si fossero viste fino ad allora. E noi ragazzi scoprivamo quanto fosse "interessante" ciò che si trovava "sopra" le ginocchia delle ragazze. Certo, non tutte. Ma quelle che disapprovavano la nuova moda della minigonna continuarono ad indossare il buon vecchio grembiulone nero o blu, che tutto nascondeva, dalle spalle alle caviglie, quasi un "burka" di cui si è persa memoria.
Capelli lunghi, quando ce li avevo tutti, li portavo anch'io, con molto orgoglio: la mia abbondante chioma biondo-cenere, il ciuffo con l'onda, naturale espressione dei miei capelli ricci, attirava molto la curiosità femminile. Toccavano, e chiedevano. Gloria di breve durata, purtroppo. Ma qualcosa ci fu.
Quanta apparenza, quante abitudini cambiarono in quegli anni: diversa concezione della donna nella società, diverso ruolo e diffusione della cultura, diversa considerazione di ciò che era "diverso". Semi da cui nacquero le femministe, l'università aperta a tutti, il ripudio della guerra, la voglia di viaggiare per conoscere.
Ora mi guardo intorno e mi sembra di aver perso il filobus del discorso.