venerdì 12 settembre 2008

Desk

Il mio posto di lavoro non è una scrivania. È un tavolo stretto su cui si accalcano prese e cavi, su cui si affiancano uguali ansie e diverse, ognuno pensando ai casi suoi mentre corregge errori, mentre analizza e scrive, mentre parla solo coi computer, soli.


Il mio posto di lavoro è odiato, ma non troppo, ché non mi cacci all'improvviso in mezzo a una strada, perché la vita è dura alla mia età, specialmente.


Il mio posto di lavoro mi fa parlare con gente che disprezzo (non tutti), mi fa mentire sapendo di. Esso mi pesa come quei blocchi di pietra pesavano agli schiavi costruttori delle piramidi.


Diceva mio padre: studia, così avrai un bel lavoro, non fare come me. Non è mai stato profetico, mio padre. Uno che perde il proprio "bel lavoro" a causa della guerra, non può essere profetico.


Finirà, tutto questo, come il resto. Spero solo che finisca un attimo prima. Per pisciarci sopra. I vecchi, si sa, sono incontinenti.