Diversi fatti, apparentemente scollegati fra loro, hanno suscitato in me una corrente di pensieri tutti convergenti verso lo stesso punto.
Da qualche anno, l'umanità è entrata in contatto con sé stessa, nel senso che diverse parti e differenti organizzazioni sociali, a livello mondiale, si sono trovate, dopo secoli o millenni di isolamento, improvvisamente faccia a faccia. Penso a popoli e civiltà che hanno percorso ciascuno il loro cammino, lento o veloce, tortuoso a volte, ma sicuramente condizionato dall'ambiente circostante.
Il fenomeno migratorio delle genti, causato dall'esigenza di trovare lavoro, non è nuovo, ma recentemente ha assunto proporzioni mai sperimentate prima. Su queste motivazioni si sono innestate quelle della fuga da malattie e guerre.
Anche la "libera" circolazione delle merci è diventata sempre più parossistica: una volta si citava Parigi come esempio estremo per l'importazione quotidiana di ostriche dall'oriente. Oggi pare normale mangiare cibo prodotto dall'altra parte del mondo e vestire abiti confezionati a milioni di kilometri di distanza, magari in condizioni di semi-schiavitù.
Il "contatto" chiamato "globalizzazione" ha portato a confronto abitudini, culture, religioni, usi e costumi assolutamente diversi fra loro. Si è creata una specie di "Babele al contrario", in cui l'incomprensione deriva dalla "compressione" in spazi contigui di esseri umani assolutamente diversi, mentre nella mitica Babele biblica era l'incomprensione che generava una specie di "esplosione" e di allontanamento fra esseri umani che prima si comprendevano benissimo.
Infine: che cosa fa qualsiasi specie animale quando si trova a competere, con altre specie o con altri gruppi della stessa specie, su elementi vitali, come lo spazio per abitare o il cibo, o più generalmente le risorse per sopravvivere ? Combatte. Spesso fino alla morte, spesso fino al genocidio. Senza esclusione di colpi.
Ecco che cosa sta succedendo al genere umano. Avendo sviluppato una serie di "gruppi" autonomi più o meno numerosi, ma tutti caoticamente evoluti ognuno a suo modo, ognnuno coi suoi errori (tanti) e con le sue cose buone (poche), trovandosi ora a contatto questi gruppi fra loro, avendo intrecciato gli "interessi" materiali in maniera competitiva, non si riesce a vedere la situazione "dall'alto" e non si trovano motivazioni e comportamenti "collaborativi": gli unici che potrebbero aiutare a trovare una via per la sopravvivenza in un ecosistema a risorse (enormi, ma comunque) limitate, come la Terra.
Detto in 5 parole: siamo scimmie stupide e cattive.