mercoledì 15 marzo 2017

Un impiccio

L'ho sempre considerato un impiccio, un "male necessario". Sto parlando del mio corpo, del corpo in generale, come contrapposto a "tutto il resto" dell'esistenza, diciamo la vita mentale.

Ho sempre detto, credendoci, che se fossi nato in epoca antica sarei stato sacrificato giù dalla Rupe Tarpea: fin da piccolo avevo la vista cattiva, le gambe storte e non sono mai stato bello. Un tipo. Ma che se ne fa il mondo materiale di "un tipo"? Ce ne sono miliardi in circolazione.

Poi quella difficoltà, abbastanza manifesta, ad entrare in sintonia con le emozioni: possibile che la gente viva schiava delle proprie emozioni? Per me le emozioni sono sempre state segno dell'arrivo di qualche problema. Cardiologia. Meglio restare calmi, meglio ragionare che arrabbiarsi subito. Le vendette, casomai, fredde anzi surgelate.

Anche ora che ho superato la boa della vecchiaia, il corpo rappresenta più un problema che un mezzo. Un impiccio, appunto. Ciò che più mi manda in bestia è che abbiamo bisogno del corpo per entrare in contatto con altre anime. Allora meglio morti, o meglio ancora non-nati: lì le anime si parlano senza bisogno di questo scomodo intermediario. Esigente. Imperfetto. Difficile da gestire.

Un impiccio.