Tu che suoni al citofono di una casa che non è mia, nemmeno più. Domenica mattina, ora di pranzo per i bravi vicini.
"C'è un biglietto" mi dici, per convincermi-costringermi a venire a vedere che c'è.
Quattro fogli, custoditi in una plastica trasparente, parlano di miseria e disoccupazione, di una raccolta di firme o di soldi.
Chiedi soldi per tua madre, in ospedale. Non ho voglia di ribattere, né di chiederti ulteriori spiegazioni. Scambio uno sguardo, assonnato, distratto forse. Oppure attratto. Sicuramente astratto. In tasca ho 5 €: ti porgo il foglietto azzurrino, ho solo questi.
Mi chiedi se ci sono bambini piccoli, se ho vestiti da dare. Non ce ne sono di bambini piccoli. A parte quello che resta vivo dentro di me.
Te ne vai e chiudo il cancello fra la mia ignavia e la tua vita nomade e incerta. Forse.