lunedì 22 ottobre 2007

Gioca con me

Già, tu credevi di poterlo fare. Gioca con me, non saresti la prima, né l'unica. A quanto pare ispiro proprio quel sentimento lì. Così strano, per me, riconoscerlo. Sarà perché mi specchio raramente, sarà che non mi piace specchiarmi perché mi rimanda di me un'immagine che non mi appartiene, come qualcosa che riguarda gli altri.

Presuntuoso, lo sono sempre stato. Sarà il carattere, sarà lo snobismo che mi ha insegnato mio padre, insieme ai biberon di latte in polvere che non mi ha mai dato, lui. Sarà che mia madre amava farmi partecipe dei dettagli riguardanti la mia crescita, quasi fossi una malattia cronica da cui non sarebbe più guarita.

Respiravo povertà, non solo e non tanto quella materiale, che si tocca e che vuota la pancia, ma quella che inchioda, paralizza, rende impotenti di fronte al mondo grande e cattivo, intorno.

Una vita in apnea. Volevo farne il titolo di un racconto autobiografico. Magari ci riuscissi. A scriverlo, intendo. Parlo e parlo di me, ma riuscire a mettere in fila un bel discorso, con tutti i "prima" e i "dopo" e gli "invece" e i "nonostante" non è affatto facile. Forse impossibile, per me.

Respiro. Di nascosto: ho respirato di nascosto da quando mi sono reso conto che mia madre ascoltava il mio respiro di notte, per sapere se ero ancora vivo. Così le facevo prendere spesso uno spavento. Apnea, respiro muto, senza far rumore.

Però quel sogno di attraversare la vita passando inosservato posso dire di averlo fallito, nel peggiore dei modi.

Sarà forse un destino, ma non so accettarlo, quello di non restare indifferente a nessuno che mi conosca. Misteri dell'essere.

Gioca, gioca con me. Mi rassegno, so farlo benissimo. Anzi, non so fare altro nella vita.

E non cambia la musica.