venerdì 16 dicembre 2011

sala d'attesa

Non sono certo belle sensazioni quelle che si provano nella sala d'attesa di un ambulatorio medico. Ansia, noia per il tempo che si perde, incertezza su quello che ci verrà detto e su quello che dovremo fare, dopo. E più si prolunga l'attesa e più monta il disagio, il malessere, quel senso di "non ancora", "non si sa" che prende alla gola e stringe, soffoca. Ogni minuto che passa è una pietra al collo. Quando finalmente arriva il nostro turno, quasi non ci sembra vero, ci gira la testa e non siamo quasi più in grado di comprendere quello che ci viene detto, che pure è importante per il nostro futuro. Si esce dall'ambulatorio più che frastornati, scossi, svuotati, con quel foglietto in mano su cui c'è scritto il verdetto, a volte la condanna, quasi sempre una pena.

Sono in "sala d'attesa" da qualche giorno, e credo che durerà ancora una settimana. No, nessun ambulatorio, nessuna visita specialistica. Non ancora. Si tratta soltanto del mio futuro lavorativo (o non-lavorativo). Che vuoi che sia. Un uomo a 57 anni può benissimo rifarsi una vita. Dipende se ha soldi oppure se deve elemosinare la sopravvivenza. Senza contare lo stress dell'attesa di conoscere decisioni altrui che sono già state prese e la relativa perdita di tempo.