Era un giorno qualsiasi. Avevamo organizzato tutto per rimanere nell'ombra. Non ricordo come ero vestito. Lei elegante, ma niente che ricordasse l'occasione. La villa comunale era piena di gente: alcuni erano là per motivi analoghi al nostro, altri avevano portato i bambini a giocare, qualcuno era stato spinto da curiosità.
Salimmo il grande scalone, fino al primo piano. Il Segretario ci mise in fila con gli altri. Finalmente arrivò il nostro turno: poche parole di rito, poi qualche battuta per stemperare la tensione. Il funzionario comunale era un tipo simpatico, capelli bianchi, leggermente calvo.
Uscimmo nel parco e ci sembrò di respirare aria nuova. Perfino un po' fresca. Alcuni bambini corsero verso di noi, ci parve che fossero stati "spinti" dalle mamme e nonne che li accompagnavano.
Andammo a mangiare in un ristorante in centro, appositamente prenotato per sei: noi due, i suoi, i miei. Nessuno dei camerieri comprese il motivo per cui eravamo lì a pranzo: poteva sembrare un normale pranzo fra parenti, se non fosse stato per il giorno feriale (credo fosse un lunedì), che rendeva l'atmosfera un po' surreale.
Non ricordo neanche bene come ci lasciammo, coi genitori che avrebbero forse voluto una giornata più emozionante. Tornammo nella nostra casetta, poco convinti di essere diventati marito e moglie.
Era il mio primo matrimonio, che sarebbe finito quattro anni più tardi, col più classico dei divorzi.