out there ?
Ogni tanto mi illudo che ci sia qualcosa, qualcuno là fuori. Poi capisco che è tutta un'invenzione della mia fantasia malata: non c'è niente e nessuno là fuori.
Ogni tanto mi illudo che ci sia qualcosa, qualcuno là fuori. Poi capisco che è tutta un'invenzione della mia fantasia malata: non c'è niente e nessuno là fuori.
Il 21 agosto 2005 scrivevo:
Prostituta son io, entro nei sogni altrui, cancello gli incubi, traccio arcobaleni multipli e bellissimi. Non chiedo niente in cambio, solo la mia tariffa stabilita. Non coinvolgetemi affettivamente: non mi innamoro del cliente. Non trascinatemi nella vostra follia, ché ho già da alimentar la mia. Prostituta, e non puttana: la mia dignità è solida come la roccia di un vulcano. Non provate a prendermi per mano. Nulla concedo alle vostre voglie di passar per vero quello che è solo finzione di schiavitù, perversione a tassametro. Sono un istrione, ma grande, che neanche lo sapete immaginare. E decido dove si va e quando si smette.
Oggi lo rileggo. E lo scriverei di nuovo.
Oggi ho dimenticato a casa gli occhiali con cui riesco a leggere bene "a distanza computer" ... forse mi verrà il mal di testa.
Mettiamola così: oggi prenderò le distanze da molte opinioni altrui.
Ascoltando Raf viene anche meglio:
Pensieri dedicati:
a mantenere viva un'amicizia si è sempre in due
la bellezza nascosta vale sempre la pena di andarla a cercare
sorridere e far sorridere è un ottimo antidoto all'ansia
E così sono arrivato solo, a questa età.
Carattere introverso, brutte esperienze, cattive compagnie, chissà. Passo le mie giornate al lavoro, come un pesce fuor d'acqua: certo, interagisco con i miei colleghi, ma dentro di me penso a quanto mi sembrano differenti da come sono io. Molti sono fuori della mia portata, sono "maturi", "grandi".
Il tempo scorre veloce fra attività sempre troppo banali o fastidiose, e diversi giochi solitari inventati con la tecnologia che ho a disposizione o con la fantasia. Piccole differenze fra estate e inverno: una finestra aperta o chiusa, un condizionatore o un termosifone acceso o spento, un maglione, una giacca, una maglietta leggera.
Un filo d'ansia mi prende nel weekend, perché viene a mancare quel minimo alibi e resto troppo libero di guardarmi allo specchio. Ma tutto ricomincia il lunedì.
Non ho più esperienze sentimentali che interrompano questa intima sensazione di solitudine. Al massimo, riesco a dimenticarmene per qualche ora, ma poi mi ripiomba addosso con tutto il suo peso. Ancora peggio quando scopro che la persona a cui dedico le mie energie emotive non riesce ad entrare in questo mio mondo privatissimo. O non vuole.
Sono nato solo e solo sono rimasto fino a tarda età.
Non avevo molte occasioni, e non provavo molto interesse a conoscere gli altri. Carattere introverso, famiglia di misantropi, chissà. Passavo le mie mattinate a scuola, come una specie di pesce fuor d'acqua: certo, interagivo con i miei compagni, ma dentro di me pensavo a quanto mi sembravano differenti da com'ero io. Gli insegnanti erano fuori della mia portata, erano "grandi".
Il pomeriggio trascorreva lento fra i compiti, sempre troppi e sempre troppo banali o fastidiosi, e diversi giochi solitari inventati con i pochi giocattoli che avevo a disposizione o con la fantasia. Piccole differenze fra estate e inverno: una finestra aperta o chiusa, un termosifone acceso o spento, un maglione o una maglietta leggera.
Un filo d'ansia mi prendeva alla fine della scuola, perché veniva a mancare quel minimo contatto con altri coetanei. Ma tutto ricominciava ad ottobre.
Più avanti negli anni, diventato apparentemente più socievole, a volte mi coinvolgevo o venivo coinvolto in attività collettive, con amici e amiche che mi sembravano sempre troppo preoccupati di non lasciarmi da solo.
Le rare esperienze sentimentali non interruppero questa intima sensazione di solitudine. Al massimo, riuscivo a dimenticarmene per qualche ora, ma poi mi ripiombava addosso con tutto il suo peso. Ancora peggio quando scoprivo che la persona a cui dedicavo tutte le mie energie emotive non riusciva ad entrare in questo mio mondo privatissimo. O non voleva.
(continua)
C'è un sole per ognuno. Basta saperlo vedere, anche nella notte più nera.
Un'altra lettera che non ti scrivo: quelle poche che ti ho scritto, sembrava ti dessero fastidio.
Non ho niente da dirti, o forse tutto. Ci siamo incontrati chissà come, esattamente come s'incontra la gente. Andava bene, fin troppo bene, fra noi.
Vorrei: non chiedermi che cosa voglio. Non so che cosa vuoi tu. Potrebbe essere esattamente quello che mi hai detto: non puoi, quindi non vuoi. Non mi convincono le spiegazioni esclusivamente razionali. Non mi hai convinto. Ti credo ? Sì, purtroppo, ti credo. Mi fido di te ? Mi offenderei se ne dubitassi. Era la nostra canzone, ricordi ? Quella di Jovanotti, "Mi Fido di Te".
Non ho niente da dirti: potrei raccontarti quello che tu hai da dirmi. Ma non lo faccio, per rispetto verso di te. Aspetto.
Mi avanzerà del tempo. Per non amarti, anche se avrei preferito amarti.
Si naviga, si va, a volte si approda. Poi si riparte.
Siamo naufraghi travestiti da viandanti, e camminiamo scalzi sulla superficie, scrutando il fondo.
I rapporti interpersonali sono come castelli di carte: si fa' tanto per metterli in piedi, e basta un colpo di vento per far crollare tutto.
Il dolore arriva un po' alla volta, come un'onda alta, sempre più alta, che travolge e sommerge.
Non sto parlando del dolore psicologico, dell'anima, ma del dolore fisico. Quello che distrugge le giornate, che toglie vita alla vita, che tormenta il corpo.
Ogni giorno si aggiunge altro dolore. Ogni mattina diventa più pesante alzarsi, e insieme non è meno pesante restare a letto.
Tutto intorno è fastidioso, ma il dolore, quello vero, è dentro. Toglie il fiato, e mi lascia affogare, come un'onda, alta, sempre più alta.
Ascoltando impotente l'urlo del sereno straziato da quelle nuvole ...
Parlate di anima per nascondere il vostro attaccamento al corpo.
E per mantenere il vostro vantaggio competitivo su chi vi crede.
L'opportunismo non ha confini, e si serve dell'ipocrisia, denigrando chi non è d'accordo.
Si viene al mondo senza volerlo.
Si vive imparando momento dopo momento il necessario, accumulando il superfluo, maledicendo il passato, temendo il futuro.
Si soffre e si gioisce nei momenti sbagliati.
Si conoscono persone con cui sarebbe stato bello ... sarebbe !
Si gioca ad ingannare e ingannarsi a vicenda.
Si cammina su due gambe assolutamente prive di significato: "mai" e "sempre".
Si brancola nel buio cercando la lanterna chiamata "perché", ignorando che, nonostante ripetuti sforzi, non saremo capaci di accenderla.
Alla fine ci troviamo davanti alla Porta dello Spavento Supremo e veniamo ricacciati nel Grande Buio.
Tutto questo è la Vita, il Grande Nonsense.
Tranquilli, ora ho provveduto: però mi sorge il dubbio che, per quello che ora riesco a leggere "bene" ... era meglio prima !
Ogni amore è il primo e l'ultimo, l'unico e il solo, quando c'è.
Ma ciascuno va conservato in un "cassetto" differente: non si confonde il cuore.
Senza Elisa, non esci neanche a prendere il giornale
con me riesci solo a dire due parole
ma noi, un tempo ci amavamo.
Come cambia l'importanza soggettiva delle persone, e come ci cambia !
O siamo noi a comminarci pene ... troppo definitive.